L'addio orizzontale by K.W. Jeter

L'addio orizzontale by K.W. Jeter

autore:K.W. Jeter [Jeter, K.W.]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 2015-06-21T16:00:00+00:00


9

Cercò di svegliarsi, poi si concentrò ancora più profondamente per non farlo, per tornare in quel buio fitto e confuso. Ma era troppo tardi: aveva già avvertito il dolore, le ammaccature che sembravano lame di rasoio contro la sua spina dorsale.

— Gesù… Cristo… — Sentì il suono delle proprie parole, un sussurro distante, al di là del rombo che aveva nelle orecchie. Qualcosa dentro di lui, che era stata parte di lui, ma che in quel momento lui non riconosceva, voleva vomitare; sentiva la nausea salirgli dalla radice della lingua. E avrebbe vomitato volentieri se solo avesse saputo in che posizione si trovava. Se fosse stato capovolto, probabilmente non sarebbe stata una buona idea; ricordava alcuni avvertimenti che gli avevano dato molto tempo prima su tremende lavande gastriche… si poteva morire in quel modo.

Aveva già capito di essere ancora vivo. La sincronia dei suoi dolori con il pulsare del sangue e i sussulti all’interno della sua testa… ecco cosa glielo aveva fatto capire: se fosse stato morto non si sarebbe sentito così male.

Aprì gli occhi. La palpebra destra non si sollevò subito, ma, infine, si aprì come una lampo difettosa. Il cielo era rosa intorno ai bordi delle nuvole lontane. Viste attraverso il groviglio dei suoi capelli, avevano macchie nere, di sudore o sangue. Scosse la testa, cauto: sentiva delle punte di spillo alla base della nuca. Le linee scure fluttuavano sullo sfondo delle nubi. Sono rivolto verso l’alto. Quello era riuscito a capirlo.

La sua giacca e la sua camicia erano strappate; guardandosi con il mento appoggiato al petto, notò dei lividi, le costole segnate di blu e un’abrasione rossa su un fianco. Vedeva il proprio petto sollevarsi a ogni respiro che corrispondeva a una ritmica staffilata al cuore. Sì, era decisamente vivo; quella conferma quasi gli dispiacque. I sussulti gli correvano lungo la schiena. Era davvero stupito, in mezzo a quella nebbia protettrice.

Ricordava di aver colpito il muro mentre si trovava alla fine del cavo. Poi era caduto, il grande passo. Altrimenti quei folli avrebbero portato a termine il loro lavoro. Sollevò un braccio dal gomito scricchiolante e si passò una mano sulla faccia, scostandosi i capelli rossi dal viso per vedere più luce. Anche il palmo della mano era rosso, rosso con strisce nere di grasso e sporco. Il sudore appiccicoso gli unse il viso.

Grasso… quello lo fece pensare. A un altro dei poveri viaggiatori, un suo compagno di viaggio, che aveva colpito il muro con un rumore di metallo contro metallo. Quello che aveva sulle mani era probabilmente il grasso della Norton - si era forse aggrappato a lei mentre scivolava nel vuoto, in parte per attaccarsi a qualcosa di familiare e in parte per salvare la sua moto? - non riusciva a ricordarlo. La rivide solo rotolare via, un arco piatto verso il margine dell’atmosfera, con le ruote trasformate in ovali e le corde che vibravano inutilmente intorno ai mozzi mentre il motore perdeva tutti i pezzi. Nel petto già sanguinante, provò tristezza anche per quell’ultima vista.



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